giovedì, gennaio 29, 2009

Landis fa causa a Michael Jackson

Il regista si sente derubato dei diritti di "Thriller"


John Landis ha fatto causa a Michael Jackson per la sua quota dei profitti sul video da 14 minuti "Thriller".

Landis, che ha co-sceneggiato e diretto il filmato del 1983, ha depositato una causa per violazione del contratto alla Corte superiore di Los Angeles lo scorso 21 gennaio, pochi giorni prima che produttori di Broadway annunciassero questa settimana di aver acquistato i diritti sul video per trasformarlo in un musical.


                


"Thriller", in cui si vedono degli zombie ballare, resta tuttora uno dei clip più famosi della storia della musica. Landis ha anche realizzato un documentario sul "making of" del filmato.

Il regista (Tutto in una notte, The Blues Brothers, Il principe cerca moglie, I tre amigos!...) ha scritto nel documento presentato al tribunale di non ricevere da almeno quattro anni il 50% dei profitti del video dalla ora estinta compagnia di Jackson Optimum Productions.

Michael Jackson, 50 anni, viene accusato di "condotta fraudolenta, dolosa e ingiusta". Il documento afferma inoltre che la star non avrebbe fornito conti adeguati ed esaustivi negli ultimi quattro anni "e precedentemente".


Landis girò anche il video per "Black or White", sempre di Jackson.

domenica, gennaio 25, 2009

Lavorare poco, lavorare tutti

Toyota, Mazda, Isuzu e Mitsubishi: queste le quattro ditte automobilistiche giapponesi che vogliono introdurre il "Modello Himejima".



Himejima è una piccola isola nel sud del Giappone che vanta un record: da una quarantina d'anni il tasso di disoccupazione è pari a zero. La filosofia alla base è il work sharing, ovvero “lavorano tutti, lavorano meno”. Il contratto alla base di questo sistema è collettivo e condiviso, e prevede di rinunciare a qualche ora di lavoro (e a un po' di stipendio) godendo però i vantaggi di un'occupazione piena, cioè minori costi sociali ed economia sempre in movimento.
Grazie al "Modello Himejima", Toyota, Mazda & Co. potrebbero evitare di ridurre personale a causa della crisi finanziaria.

mercoledì, gennaio 21, 2009

Novità editoriale

Tristan Corbiére: Gli amori gialli

Edizioni del Foglio Clandestino

(Tomo I)

300 copie numerate, 15 €
ISBN: 978-88-902114-3-0

Traduzione di Luca Salvatore condotta sull'originale del 1873, conservandone punteggiatura e ortografia.

Come Verlaine ebbe a dire nella prima serie dei suoi ritratti ‘assoluti’ apparsi nel 1883: “Tristan Corbière fu Bretone, uomo di mare, e lo sdegnoso per eccellenza, aes triplex. Bretone, cattolico che prova poco la sua fede, ma credente ossessionato; marinaio senza averne la spocchia e soprattutto la sete insaziabile, ma votato furiosamente al mare che solcava solo quand’era in tempesta, incredibilmente focoso sulla più focosa delle cavalle. (Di lui si raccontano prodigi d’imprudenza folle). Incurante del Successo e della Gloria al punto da avere l’aria di sfidare quei due imbecilli, senza mostrargli un briciolo di pietà!
Passiamo sopra l’uomo, che fu grandissimo, e parliamo del Poeta. Come rimatore e come prosodista non ha nulla d’impeccabile, cioè a dire di disgustoso. […] Gli impeccabili, quelli sono… un po’ di tutto. Legno, legno e nient’altro che legno. Corbière era fatto di carne ed ossa, semplicemente”.


Tristan Corbière (1845-1875) è autore di un unico libro, Les Amours jaunes, pubblicato a spese del padre dai fratelli Glady nel 1873, passato quasi del tutto inosservato. Morì a Parigi, appena trentenne, d’artrosi e tisi.
Le Edizioni del Foglio Clandestino ripropongono quest’opera ironica e graffiante (ora il tomo primo) in edizione numerata di 300 copie. Testo originale a fronte.



LINK alle Edizioni del Foglio Clandestino

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venerdì, gennaio 16, 2009

Santoro e le polemiche su Israele

E' incomprensibile il polverone sollevato dalla puntata di ieri di Annozero. Apparentemente, Santoro ha impostato la trasmissione in maniera troppo filo-palestiniana. All'improvviso Lucia Annunziata si alza e abbandona lo studio. Dopo di lei avrebbe dovuto parlare Tobia Zevi, giovane pacifista israeliano. Giustificabile quindi il commento del conduttore: "Lucia, forse stai acquisendo crediti per qualcuno"...
Su Agoravox, il giornalista Elia Banelli scrive, in un suo pezzo intitolato "Annozero: prove tecniche di censura":


"Fino a quel momento il dibattito in studio si era svolto su toni abbastanza accesi, come era prevedibile, ma garantendo comunque un certo equilibrio delle opinioni espresse dagli ospiti.
C’era la scrittrice israeliana Manuela Dviri, da anni impegnata per la pace tra Israele e Palestina, c’era Rula Jebreal, che rappresentava il punto di vista di chi segue le ragioni della causa palestinese, insieme al giornalista di Al Jazeera International per l’Europa Claudio Lavanga, gli ospiti in collegamento da Milano ed un altro ragazzo palestinese in studio.
Dall’altra parte, se cosi si può dire, l’analista militare Andrea Nativi, che ha continuamente difeso le ragioni dell’attacco israeliano, compreso le morti civili, Tobia Zevi, ragazzo israeliano impegnato in politica e sostenitore indefesso della pace, una ragazza israeliana che rivendicava il suo diritto di andare al centro commerciale senza farsi esplodere da un kamikaze ed un altro ragazzo con indosso la kippah, che ricordava come l’educazione dei bambini fosse un requisito essenziale per costrure le basi di un nuovo futuro."


Santoro ha dato spazio ad ambedue i fronti. Tuttavia, oggi si è scatenato il putiferio. Contro i signori della guerra che si cingono della Stella di David dunque non si può dire niente?


Ricordiamo innanzitutto che lo Stato israeliano non è tutti gli ebrei. Anzi: molti ebrei, e tra di loro non pochi con passaporto israeliano, accusano la mania guerrafondaia del governo di Tel Aviv. Due dei più famosi sono Noam Chomsky e Moshe Friedman, quest'ultimo rabbino capo della comunità ortodossa giudaica. Entrambi sono finiti nella Lista Nera dei sionisti.


Manifestazione contro l’Apartheid israeliana, Hebron 10 aprile 2003

Israele... uno Stato razzista violento, esclusivo, dove ciò che non è ebraico viene considerato vile e spregevole e dove intellettuali pacifisti vengono pubblicamente messi alla gogna (lo scrittore I. Shamir, il politologo N. Finkelstein, i rabbini Weiss e Friedmann)... Israele ha elaborato dei piani terribili, concepiti per spogliare, asservire e distruggere l’identità di un popolo intero.

Assurdamente, i grandi schieramenti politici dell'Occidente vanno a braccetto e si schierano a favore di Israele. E, condannando Hamas, condannano i palestinesi.
Hamas ha vinto le elezioni democratiche non tanto urlando slogan di guerra, bensì dopo essersi conquistata la fiducia della popolazione araba con il buon esempio. Invece di impugnare le armi, Hamas ha costruito nella Striscia di Gaza scuole e ospedali, cosa che Israele non non può o non vuole fare.
Tale impennata di civiltà non piacque a Tel Aviv, ovvero ai governanti dello Stato israeliano. Questi gentiluomini hanno ordinato atti terroristici con il beneplacit dell'America di Bush e probabilmente appoggiati da esperti della CIA. Logico che i palestinesi si difendessero.
Con l'intemediazione dell'Egitto si giunse a una tregua delle ostilità. Hamas rispettò le regole, Israele no, riprendendo i bombardamenti e rinforzando i maltrattamenti sui cittadini arabo-israeliani.
A questo punto che cosa doveva fare la parte offesa? Porgere l'altra guancia? Eppure, sono i palestinesi a essere definiti terroristi.

Si è discusso parecchio sulla preghiera-protesta mussulmana in Piazza Duomo a Milano, dove la Stella di David è stata paragonata alla svastica nazista. I fatti di Gaza però parlano chiaro, e solo i delinquenti dei nostri mezzi d'informazione li stravolgono a uso e consumo di quegli italiani che ormai sono già talmente oppiati da non trovare la forza di documentarsi meglio.

Ora, Santoro è stato tacciato di faziosità. Pochi i suoi difensori. Davanti a tutti Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista e poi l'Aipsi-Med, Associazione Italiana Psichiatri, che sul suo sito scrive:


(http://www.aipsimed.org/?q=node/3146)

"Grazie Michele Santoro, ti esprimiamo tutta la nostra ammirazione e riconoscenza.
La puntata di ieri sera aiuta a capire, attraverso la narrazione dei fatti e non delle sole opinioni, cosa sta succedendo realmente a Gaza, e ancor più cosa è la guerra, senza accusare l'uno o l'atro Paese.
Purtroppo ci fa capire ancora una volta cosa sono i nostri politici di destra, di sinistra o di centro e cosa sono certi 'giornalisti', con i vuoti discorsi che ascoltiamo oggi."

giovedì, gennaio 15, 2009

Simon Kjaer, nuovo beniamino dei tifosi palermitani


Non ha ancora 20 anni ed è bello, alto e "biunnu". Si chiama Simon Kjaer la stella che si è accesa sulla Palermo che vive e sogna di calcio.

A contendersi il capitano dell'U 19 danese erano in tanti, ma il simpatico vichingo ha preferito scendere giù in Sicilia. E farebbe bene Zamparini a tenerselo stretto, nonostante le allettanti offerte di altri club (ultimamente si sono fatti avanti Valencia e Juventus). In fondo, il futuro si costruisce su alcuni importanti perni fissi, e perché non imbastire la squadra del domani sul giovane ma già comprovato talento di Simon?

Con la cessione - in prestito - del difensore Hernan Dellafiore al Torino, sembra proprio che sia questa l'intenzione di "Zampa". I 4 milioni che lui lo scorso anno ha sborsato per aggiudicarsi il gioiellino danese sono serviti a mettere in fuga concorrenti come Chelsea, Real Madrid, Liverpool, Middlesbrough e Sampdoria. Simon Kjaer ha debuttato contro la Fiorentina subentrando all'infortunato Dellafiore e, dopo una prestazione da dimenticare contro il Lecce (troppa, l'emozione!), ha dimostrato la sua statura contro il Chievo (siglando una rete e procurandosi un rigore decisivo) e anche nei match successivi, l'ultimo dei quali è stato quello contro l'Atalanta (vittoria per 3-2 alla Favorita). Sicuramente i club che ora si stanno facendo avanti dovranno sborsare ben più di 4 milioni per convincere il presidente rosanero a cederlo, ma il nostro desiderio è che Zamparini metta da parte, una volta tanto, la sua natura di imprenditore e faccia un regalo a Palermo tenendo il giovane scandinavo.

Cinquant'anni fa, un altro danese era entrato nei cuori dei tifosi palermitani: Helge Bronée. Allora, il Principe Lanza di Trabia prelevò l'attaccante dal dribbling sopraffino pagando ai francesi del Nancy la cifra-record di 40 milioni di lire. Putroppo i contrasti con l'allenatore Gipo Viani fecero sì che Bronée vestisse la maglia rosanero per due sole stagioni, dal 1950 al 1952. Il goleador dal "profondo Nord" totalizzò in maglia rosanero 70 presenze realizzando 22 goal. La sua carriera proseguì a Roma e poi a Torino con la Juventus, ma anche lì il suo carattere rissoso gli creò molti problemi...

Simon Kjaer, che è di tutt'altra pasta, può dare molto a questo Palermo. Nel capoluogo siculo certo gli aficionados non gli mancano...

martedì, gennaio 13, 2009

E se fossero i libri a mettere le ali?

'Libere Letture' a Sesto S. Giovanni


 15 gennaio 2009, 5 febbraio 2009


Il gruppo di lettura Lo Scaffale Capovolto, con il patrocinio della Commissione Cultura della Circoscrizione 3, organizza due serate di Libere Letture alle ore 21 presso Spazio Arte, via Maestri del Lavoro, Sesto S. G. – M1 Sesto Rondò.


sabato, gennaio 10, 2009

La danza intorno al mondo di Matt Harding

Matt Harding è un americano a cui non piace lavorare, non possiede nessun talento e non ha neppure frequentato il college (troppo povero per farlo). In compenso ha avuto una bella idea: quella di mettersi a ballare (anzi: ballicchiare) in diverse località, anche le più esotiche.


 Sulla sua homepage "Where the hell is... Matt?" spiega il perché e il percome. Dopo che i suoi primi videoclips incominciarono a spopolare su Internet, la ditta di gomme da masticare Stridegum decise di finanziargli un "ballo intorno al mondo".


La canzone del primo video si intitola "Sweet Lullaby" (by Deep Forest). Quella del secondo, "Praan", è stata composta da Garry Shyman su versi del grande poeta indiano Rabindranath Tagore. Canta la giovane bangladese di Minneapolis Palbasha Siddique.





 

giovedì, gennaio 08, 2009

Rossana, by franc'O'brain

Un racconto horror su un tema che fondamentalmente appartiene alla fantasy amorosa: fanciulla del popolo sposa nobiluomo. Non è una storia dei tempi passati, ma attuale. Ci sono, ancora oggi, aristocratici di antiche casate che trascorrono il loro dasein rinchiusi in improbabili dimore signorili. Barone Bodoni ("Barone" di nome e di fatto) è uno di questi. Peccato che abbia qualche difettuccio di troppo...!


Leggete e/o scaricate Rossana, l'ultimo pulp internettiano (o 'racconto sborror', come lo definisce lui) di franc'O'brain. Il file è in formato .doc.

domenica, gennaio 04, 2009

Fantascienza tedesca: Andreas Brandhorst

C'è scarsa considerazione in Italia per la fantascienza "made in Germany"; almeno presso le case editrici, che evidentemente la ritengono poco vendibile. Eppure, dalla "Terra di Mezzo" a un tiro di schioppo da noi provengono alcune tra le firme più interessanti di questo genere letterario.

Come per l'Italia, anche in Germania la science fiction americana iniziò a trovare un mercato negli Anni Cinquanta, sotto forma di riviste e collane non troppo curate. Venivano pubblicati tutti i grandi nomi d'Oltreoceano e solo una manciata di autori tedeschi, i quali, come avveniva da noi, tendevano a imitare i modelli statunitensi. Fanno eccezione Raymond Gallun e Walter Ernsting, che nel 1954 scrissero a quattro mani Der Ring um die Sonne (L'anello intorno al sole). Ernsting creò nel 1961 la più fortunata space opera tedesca: Perry Rhodan.
anderasbrandhorst1_260 Edito dalla Moewig, Perry Rhodan, che presto festeggerà il suo cinquantenario, ha avuto fin da sempre un successo sensazionale ed è stato tradotto in molte lingue. Sulla sua scia, furono inaugurate diverse collane di fantascienza, dando spazio anche ad autori locali. Uno dei nomi più celebri è quello di Herbert W. Franke (in realtà austriaco, essendo nato a Vienna), che è arrivato ad affermarsi nei paesi di lingua anglosassone. Franke era un fisico che aveva studiato anche Chimica, Matematica e Psicologia, riuscendo inoltre a brillare come speleologo; era dunque in possesso di numerosi nozioni scientifiche, che non potevano che essergli di aiuto per la sua carriera di autore di SF.
Oggi in Germania hanno una più che discreta fama Andreas Eschbach (grandi successi con i libri Das Jesus Video e Eine Billion Dollar) e Frank Schätzing, il cui romanzo Der Schwarm Elemente è un bel thriller fantascientifico su sfondo apocalittico.  
A loro si deve aggiungere Andreas Brandhorst.


Andreas Brandhorst

Iniziamo da una curiosità: dal 1984 questo autore tedesco vive nell'Italia del Nord. Nonostante sia famoso in patria, da noi è stato tradotto un suo unico racconto, "I pescatori di plancton" ("Die Planktonfischer", insignito del prestigioso Kurd-Laßwitz-Preis), apparso nel 1985 sulla rivista Futuro. Per aiutarsi a campare, Brandhorst lavora come traduttore dall'inglese. Per i connazionali ha trasposto praticamente l'opera omnia di Terry Pratchett, oltre a dozzine di romanzi di Star Trek e Star Wars.

andreasbrandhorst_260 Nacque nel 1956 in un paesino della Vestfalia, dove rimase fino all'età di 28 anni. Già da bambino era un fervido lettore, e i suoi primi tentativi di scrittura li compì da scolaretto: storie su animali, indiani ed extraterrestri. Sembra che già allora fosse un bravo narratore, tantoché la sua maestra gli faceva leggere ad alta voce quei primi ingegnosi ghiribizzi davanti a tutta la classe.
Appassionato fin da sempre di letteratura fantastica (collezionò oltre 500 volumetti di Perry Rhodan), si specializzò nel genere, debuttando a soli 19 anni sui quaderni di SF della piccola casa editrice Zauberkreis, di cui divenne un benvisto collaboratore. Seguirono altre pubblicazioni con Terra Astra e per la collana "Terranauten".
Si diplomò in Amministrazione Industriale, ma a una tranquilla carriera borghese preferì l'incertezza della vita da scrittore.
Dopo che nel 1983 la Moewig diede alle stampe il suo romanzo Schatten des Ichs, si fece avanti l'altrettanto prestigiosa Goldmann che gli pubblicò Mondsturmzeit e Die Macht der Träume. Da qui in poi, Brandhorst fu corteggiatissimo, per esempio da Bastei (Die wandernden Berge e la trilogia della "Feuerstraße") e da Knaur (Das eherne Schwert). Nel 2004 poté coronare il suo più grande sogno: per i tascabili Perry Rhodan firmò, come guest author, un romanzo che vede come protagonista proprio il paladino futuristico da lui tanto amato.
Con il collega Horst Pukallus scrisse una manciata di libri a quattro mani per l'Ullstein Verlag, cui seguirono una serie di romanzi fantasy per Schneider e Bertelsmann. Ormai poteva affermare di essere uno scrittore di successo, anche se la sua celebrità non andava - e non va - oltre i confini di Germania, Austria e Svizzera e anche se, per l'unico hardcover di un suo libro (Der Netzparasit, 1983), deve ringraziare un piccolo, anzi microcopico editore: Coran Verlag.

Matrimoni falliti e universo Kantaki

A soli vent'anni, Andreas Brandhorst iniziò ciò che oggi definisce "un esperimento coniugale".  Dopo appena un lustro ci fu il divorzio e poco dopo conobbe un'italiana, "la quale nel 1983 mi invitò a un secondo esperimento coniugale". In seguito a tale circostanza, lo scrittore si convinse a venire ad abitare nel Belpaese. "Ero pieno di entusiasmo" racconta nella sua homepage, "ma c'era un problema: come dare da mangiare alla mia famiglia." Eh già, perché intanto erano nati due bambini e il lavoro come traduttore non bastava per assicurargli proventi a sufficienza. Traduceva per molte ore al giorno e non gli restava mai tempo per scatenare creativamente l'immaginazione. Mentre i figli crescevano, l'amore tra i coniugi scemò e nel 1998 arrivò la fine definitiva. E due!
A questo punto, Andreas si chiese se non fosse meglio tornare in Germania; ma intanto era caduto nel "mal d'Italia", quell'irresistibile fascinazione di cui erano già stati succubi Goethe e tanti altri intellettuali nordeuropei. "Non volevo rinunciare al sole, a questo mare e a questi monti, e alla gentilezza degli italiani." Da traduttore full time tornò a trasformarsi in autore. Iniziò la serie sull'universo "Kantaki" con il romanzo Diamant (aprile 2004), cui seguirono Der Metamorph (novembre 2004) e Der Zeitkrieg (ottobre 2005). Libri scritti quasi letteralmente con il sangue.
Il "Kantaki-Universum" diventò il suo marchio di riconoscimento. Vi fanno parte anche i più recenti romanzi Feuervögel, Feuerstürme e Feuerträume. Mentre lavorava a tutte queste opere, ne progettò altre non necessariamente catalogabili come fantascientifiche ("Ci sono tante cose belle e interessanti di cui poter scrivere!"), che però fino ad oggi non sono state pubblicate. Ha trovato invece un editore (e che editore! L'Heyne Verlag è tra i più importanti nel cosmo di lingua tedesca) un'ennesima sua avventura di viaggi spaziotemporali: Äon (febbraio 2009).

Quando non scrive, Andreas Brandhorst ama correre. E' un appassionato maratoneta: ha partecipato due volte alla maratona di Venezia, oltre a quella di Torino e a quella di Vienna. Si allena da circa quindici anni, percorrendo dai sessanta ai settanta chilometri a settimana.
Pur se nel frattempo si è abituato alla vita da single, dice che non avrebbe nulla in contrario ad effettuare un terzo "esperimento coniugale".

Andreas Brandhorst scrive anche con il nom de plum Andreas Weiler. 

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Invito agli editori italiani

E' un peccato che Brandhorst da noi non trovi spazio. Eppure è capace e industrioso; la sua fantasia pare inestinguibile. Forse un'ottima occasione per lanciare questo scrittore nelle nostre lande potrebbe essere Äon, l'ultimo suo libro in ordine di tempo. Äon non è vera e propria fantascienza, ma un thriller con elementi gialli e fantasy. E, sia pure indirettamente, la trama di questo romanzo tange anche noi italiani.
Äon - il contenuto: ogni cosa ha inizio in un paesino della Calabria, dove vive un ragazzo che è   apparentemente in grado di operare guarigioni miracolose. Il reporter tedesco Sebastian Vogler viene mandato laggiù dal suo caporedattore e lui, che non crede al soprannaturale, si accinge a screditare il "guaritore" con un articolo pieno di veleni contro la sciocca superstizione della gente. Ma, con suo stupore, si accorge che il giovane Raffaele è effettivamente in possesso dei segreti della Magia Bianca. Contemporaneamente, in tutta Europa accadono fenomeni paranormali che in qualche modo possono essere collegati ai portenti visti nell'Italia meridionale. Il reporter percorre l'intero continente sulle tracce di tali arcani. E scopre che esiste un immenso complotto, una congiura secolare che affonda le radici in un remotissimo passato e il cui scopo è quello di cambiare per sempre il futuro dell'umanità.


Un altro bel romanzo di Brandhorst è Der Metamorph (2004; ristampato nel novembre 2008, ancora una volta per i tipi di Heyne).
Der Metamorph - il contenuto: da un laboratorio segreto del pianeta Kerberos fugge una pericolosa creatura artificiale. Immediatamente, le danno la caccia diversi gruppi antagonisti. Su Kerberos c'è anche un sodalizio di taumaturghi, individui che posseggono l'occulta conoscenza per sanare ferite e per far svanire ogni forma di malattia. Uno di loro, Eklund, si imbatte in un misterioso giovane che è capace di guarire se stesso (cosa che non riesce neppure ai migliori taumaturghi). A poco a poco Eklund inizia a sospettare che il giovane possa essere il minaccioso mutante di cui tanto si parla...

sabato, gennaio 03, 2009

Ci ha lasciati Donald Westlake ('Ditelo con i fiori')


E' morto all'età di 75 anni per infarto cardiaco lo scrittore statunitense Donald E. Westlake. Nella sua lunga carriera, Westlake ha pubblicato oltre novanta romanzi, la maggior parte di genere mystery.

Una quindicina di suoi libri sono diventati film. Ha vinto tre volte il premio Edgar. Scriveva usando anche gli pseudonimi Richard Stark, Tucker Coe, Samuel Holt e Edwin West, ma non per nascondersi, bensì perchè temeva che la gente non credesse che fosse in grado di produrre così tanto.
Con il suo vero nome ha firmato principalmente gialli umoristici; celebri quelli che vedono come protagonista Dortmunder, ladro geniale ma sfortunato, e la sua sgangherata gang (Gli Ineffabili Cinque).


>> Sito in italiano su Westlake <<

venerdì, gennaio 02, 2009

Thomas Wolfe

ThomasClayton Wolfe nacque ad Asheville (Carolina del Nord) il 3 ottobre 1900, ultimo di otto figli di William Oliver Wolfe, scalpellino funerario e ubriacone idealista, e di Julia Elizabeth Westall, tirchia e litigiosa proprietaria di una pensione. A 15 anni si iscrisse alla University of North Carolina, dove curò il giornale e la rivista del college. Era un ragazzo parecchio sensibile, che soffriva per l'atmosfera piccolo-borghese che regnava in famiglia. In seguito alla frequentazione di un corso di scrittura teatrale, produsse il dramma in un atto The Return of Buck Gavin: The Tragedy of a Mountain Outlaw, che venne rappresentato dai Carolina Playmakers con lo stesso autore nei panni del protagonista.
Nel 1920 si iscrisse a Harvard, dove prese il Master (1922: lo stesso anno in cui il padre morì dopo una lunga lotta contro il cancro). Nel 1924 divenne professore di Letteratura Inglese al Washington Square College, Università di New York. Nei successivi sei anni fece la spola tra l'Europa e gli Stati Uniti d'America, cercando di realizzare la sua ambizione di scrittore. Soggiornò in Inghilterra, Francia,
Italia, Svizzera ma soprattutto in Germania, Paese da lui molto amato e purtroppo già in procinto di essere inondato dall'orda nazista.


Nel 1925 incontrò a New York Aline Bernstein (1882-1955), costumista e scenografa del Theatre Guild. La Bernstein era più anziana di lui di diciotto anni ed era sposata con un agente di borsa con il quale aveva due figli. Thomas e Aline iniziarono un legame turbolento, fatto di scintille, litigi e riappacificazioni. Nell'estate del 1926 lui tornò in Europa e scrisse la prima stesura di Look Homeward, Angel (Angelo, guarda il passato), romanzo con forti connotati autobiografici in cui rielaborò i ricordi di gioventù. Spunta qui il primo alter ego dello scrittore: Eugene Gant, di "Altamont>" in "Old Catawba" (rispettivamente Asheville e Carolina del Nord; la
storia di Eugene continuerà poi in Of Time and the River, in italiano Il fiume e il tempo).


Look Homeward, Angel è una denuncia del provincialismo e nel contempo una dichiarazione d'amore ai vecchi e semplici valori della vita che solo nei piccoli centri abitati possono essere preservati. Ma è in primis un romanzo sul divenire di un artista e sulla sua identità, oltre che sullo scorrere del tempo e sulla - mai veramente soddisfatta - ricerca del padre. L'infanzia di Eugene Gant è infelice. E' grazie al bieco materialismo della madre che la famiglia può tirare avanti e sarà solo grazie all'appoggio economico di lei che Eugene potrà studiare, ma tutto il suo affetto va al padre, un romantico sognatore.


Il successo del romanzo fu sensazionale. Tuttavia, gli abitanti di Asheville andarono su tutte le furie per come Wolfe aveva descritto la loro realtà e per sette anni lo scrittore non fece più ritorno nel luogo natìo.


Nel 1930 poté ritirarsi dall'insegnamento grazie ai proventi del libro e nel maggio dello stesso anno il Guggenheim Fellowship Award gli permise di ripartire per l'Europa, dove rimase per un anno intero. Stabilitosi infine a South Brooklyn, trascorse l'ultimo periodo della sua vita (morì di tubercolosi il 15 settembre 1938) producendo, uno dopo l'altro, A Portrait of Bascon Hawke(1932), Of Time and the River (1935), The Web of Earth e A Thing to Tell You (1932), quest'ultimo più tardi incorporato nel postumo You Can't Go Home Again.


Altre pubblicazioni post mortem furono la silloge di brani poetici The Face of a Nation e l'antologia di racconti The Hills Beyond.

You Can't Go Home Again (Non puoi tornare a casa) racconta di George "Monk" Webber (il secondo alter ego di Wolfe), insegnante e aspirante scrittore, e del suo rientro in patria dopo un prolungato soggiorno in Europa. Webber si rimette insieme a Esther Jack, l'amante di un tempo che invano lui ha cercato di dimenticare. (Esther Jack è una donna di Park Avenue, sposata e due volte madre; dietro a questo personaggio, già apparso in Of Time and the River, non è difficile riconoscere Aline Bernstein.)
Wolfe fa il ritratto di un giovanotto che cerca di "cantare l'America" tra la fine degli Anni Venti e l'inizio dei Trenta, dunque in uno dei periodi più bui della storia americana, notoriamente contrassegnato da una profonda crisi economica. Qui Asheville diventa “Lybia Hill”, ma la Carolina del Nord è ancora “Old Catawba” e il tema centrale in sostanza rimane lo stesso: la solitudine delle giovani generazioni.
"In America siamo nudi e solitari e abbandonati... e privi di una patria."  


Il rapporto di George Webber con Esther, brillante artista dalle idee socialiste, si abbina al suo amore per la vita variegata che caratterizza la metropoli sull'Hudson. Ma a Webber non manca il senso critico: rifiuta la vacuità dei ricchi e registra con sgomento la povertà che regna a Brooklyn, quartiere
dove lui alloggia e dove è in corso una selvaggia speculazione edilizia.
Similmente al suo creatore, la figura centrale del romanzo è di statura superiore alla media (Wolfe era alto due metri), con gli arti sproporzionatamente lunghi e alquanto impacciato nei movimenti. Nel suo animo arde una fiamma che riesce a trovare espressione solo sulla carta. La pubblicazione della sua opera prima, seguita dal suo primo viaggio a Londra e dal ritorno nella Big Apple, ne addolciscono un po' il carattere ma non riescono a placare l'inquietitudine
di fondo. Quel che maggiormente colpisce di George Webber è la sua purezza, la sua onestà, il suo volersi mettere a nudo. E' pieno di vitalità e forza interiore, ma queste doti non gli consentono di brillare nel mondo ed egli stesso è cosciente che le verità poetiche e filosofiche non sconfiggeranno mai il male che serpeggia per le
strade. Webber è troppo integro, troppo idealista per poter fare carriera nel mondo accademico; e del resto non è la carriera che gli interessa, quanto la possibilità di scrivere, scrivere, scrivere. Mentre la vita procede con i suoi drammi quotidiani, con le sue piccole storie apparentemente di nessun conto e con le sue inestricabili ingiustizie sociali, il giovane rimane a osservare ogni cosa dalla finestra del suo appartamento brooklyniano: un intellettuale fatalista ma pieno di
speranza, come tutti gli artisti che anni prima incontrò nel Greenwich Village e molti dei quali nel frattempo si sono persi per via.    



Thomas Wolfe fu molto popolare fino alla metà del XX secolo; poi,
a causa del suo stile altamente letterario e pregno di sentimentalità, passò di moda e il suo nome forse sarebbe stato dimenticato se non la critica letteraria non lo avesse mantenuto vivo e se alcuni futuri pilastri della Beat Generation (Jack Kerouac in The Town and the City, Ferlinghetti in Cat's Cradle) non si fossero lasciati ispirare da lui.
Negli Anni Cinquanta, molti adolescenti decisero di diventare scrittori proprio immergendosi nella prosa intensa e introspettiva di Wolfe.