sabato, luglio 30, 2005

Per Cat - Cap. III

Eccomi qui: l'ultimo topo sulla nave che affonda. Già all'avvicinarsi delle prime nubi, tutti gli altri sono saltati sugli scogli e, agitando le code da ratti, hanno riso con gran baluginio di denti affilati.
Il vento che chiamano fön crea folate assassine nell'aria nera di questo pomeriggio di fine luglio; dietro una finestra del quartiere degli asociali, un bambino piange in aramaico mentre una madre bestemmia in una lingua che sembra un misto di turco e gotico.
Il dolore mi tira gli occhi all'ingiù. Sfioro i muri d'ardesia pieni di iscrizioni criptiche e ignoro le assurde accuse che mi lancia uno dei ratti invisibili (qualche adolescente che la notte prima dev'essere stato a un party andato a male): "Stronzo! Finocchio! Maledetto!" Non mi giro neppure a guardare, e con ciò devo aver finito per rovinargli completamente la giornata.
Il Vecchio abita all'ultimo piano di un'antica costruzione schiacciata dai proliferanti grattacieli dell'Èra Sociale. Un puzzo di cavoli si spande nell'aria: Via delle Vacche Carenti. Mi arrampico lungo la scalinata di muratura friabile e spingo la porta, che è solo socchiusa.
E' un rudere di forse cinquant'anni che ne dimostra almeno il doppio. Buttato su una lisa poltrona, sugge da una bottiglia un qualche vino da supermercato. Intanto, sul piccolo schermo Tom dà la caccia a Jerry, prendendole sempre. Il Vecchio torce il collo nodoso e apre su di me un occhio caccoloso. "Ah, sei qui" raglia raucamente. Deve aver riconosciuto, nei miei tratti ombrosi, il volere della Vendetta.
"Hai fatto del male a Kathleen, quand'era bambina" gli ricordo.
Lui torna ad abbassare la palpebra tempestata di molluschi e tace in segno affermativo.
Ha fatto del male a Kathleen, alla mia Cat. Il primo uomo a possederla, a penetrarla... quando lei era appena una scolaretta. Cat mi ha raccontato ogni cosa, fin nei minimi particolari. Non è stato facile ritrovare il suo padrigno; dopo che la madre di Cat ha chiesto e ottenuto il divorzio, lui è venuto a rintanarsi nel più oscuro dei buchi. E' valsa comunque la pena, in tutti questi anni, coltivare l'odio nei suoi confronti. Ora che Cat non c'è più, è giusto che il Vecchio paghi.
"Non c'è più" lo sento osservare sordamente, rivolto di nuovo verso lo schermo tivù. E, mentre il gatto Tom prende una megamartellata sulla testa dal topolino Jerry, prorompe in una sorta di piagnucolio disperato: "Che cazz...!"
Mi muovo piano nella misera abitazione. Tipico rifugio di un alcoolizzato che vive degli assegni di povertà. In bagno c'è un rasoio vecchio stile. Lo faccio scattare: sulla lama semiarrugginita si vedono i resti di peli di barba. Senza darmi la pena di ripulirlo, torno nell'altra stanza e mi avvicino alla poltrona.
"Le hai dato un dispiacere per la vita" gli dico. "Prima di incontrare me, aveva paura degli uomini, lo sai?"
L'occhio che nuovamente mi fissa ha venature rosse; nuvolette sulfuree si sollevano dal sorriso sgangherato che il rachitico zombie mi rivolge.
"Che cazz...!" ripete, mentre la lama fende l'aria.
Spalanco la finestra per arieggiare l'ambiente. C'è un che di consolatorio nell'idea che nemmeno il temporale appena scatenatosi potrà bastare a lavare tutto questo sangue.